Un rito volto a ferire mortalmente una persona si esegue sostanzialmente in tre fasi. La prima consiste nella costruzione e battesimo del suo simulacro o feticcio, la seconda nel togliere il battesimo (ricordiamo che secondo la dottrina cattolica tutti possono battezzare in casi particolari),la terza nella devastazione dello stesso feticcio sbattezzato, al quale vengono conficcati spilli adeguati e nella simulazione della sepoltura, che avverrà dopo aver sacrificato una vittima, oggi si ricorre a piccoli animali, che viene poi inumata in un cimitero o in un terreno insieme al feticcio nella stessa piccola bara. Come vediamo, messa così, le analogie fra antico rito perduto e la pratica magica attuale sono molte, ma proprio a fronte di tali similitudini troviamo l’assoluta immoralità del rito stesso. Se ricorressimo alla classificazione delle tre tipologie magiche definita da Giordano Bruno, questa rientrerebbe nella sfera più bassa, infima, demoniaca: Quella cioè che non può elevare né l’operatore né il richiedente, distante dalla forma Divina e da quella matematica, de resto nella simbologia magica utilizzata non viene mai ad essere presente nessuno degli elementi di questi due tipi di conoscenza. Se cercassimo quindi un animo oscurantista della magia, lo potremmo trovare in tali operatori, capaci di officiare riti perfino per propiziare la bestialità, se fosse necessario e totalmente incapaci di comprendere come la loro posizione sia addirittura più bassa di quella avuta da quanti, un tempo, preparavano per loro i roghi.

Metodo di rilevazione del maleficio