Esempio assoluto di oscurantismo in alcune pratiche magiche.

Per chiarire quali dovrebbero essere i canoni etici di un’operatore dell’occulto, inizierò col descrivere brevemente una pratica magica, la fattura di morte o fattura a morte, oggi abbastanza in uso, mettendola in relazione con il testo sacro, senza essere sacrilego e blasfemo, ma semplicemente analizzando le analogie fra la cultura del passato e la ritualità moderna,l che appartiene ad un certo tipo di operatore esoterico. “questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore.” Prima lettera ai Corinti 5;5.” Cosa intendeva Paolo con un verso del genere? Molti parlano di una scomunica o “disassociazione” dalla prima comunità, ma dimenticano una cosa: Paolo era un profondo conoscitore delle scritture, anche di quelle relative all’Antico Testamento, sapeva pertanto delle tentazioni e piaghe di Giobbe e sapeva altresì che il battesimo affida l’anima di una persona a Dio in modo indissolubile e che anche “scomunicando” un correligioso non si da  luogo ad un atto in grado di annientare nel corpo l’adepto colpevole (il potere della chiesa del I sec. era senz’altro inferiore a quello del successivo Stato Pontificio), provocandone la rovina, né di arrivare al pentimento del medesimo guadagnandogli con assoluta certezza la salvezza. L’unico modo per ottenere la rovina della carne era togliere alla persona i benefici del battesimo, per poi affidarla a Satana con un rito particolare, del quale ai giorni nostri si è persa conoscenza e di cui rimane traccia probabile nella magia nera, provocando cioè reale dolore fisico e morale, fino alla distruzione del corpo mortale. La fattura di morte, della quale qui andremo a descrivere sommariamente il rituale, è quasi certamente ispirata a questo brano biblico, sicuramente erronea rispetto alla liturgia originaria, ma spesso in grado di produrre risultati devastanti in chi la subisce e anche su chi la esegue.

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