Il Carro (viene trascinato da due sfingi e colui che lo conduce e su un baldacchino che reca alla sommità un cielo stellato: egli rappresenta l’iniziato ormai padrone di sé, è il maestro venerabile e può intraprendere e trasmettere l’arte, ma la conoscenza e la virtù non sono ancora abbastanza forti in lui e quindi corre il pericolo di essere trascinato dalle sfingi in direzioni non volute, egli deve ancora impadronirsi pienamente della pietas che caratterizzerà l’opera e canalizzerà i suoi obiettivi nel Vero.

la Giustizia (VIII) ristabilisce l’equilibrio in chi avendo superato i vari stadi della conoscenza non ha più illusioni, è quella posizione frutto della sapienza che porta a distinguere il vero dal falso, l’effimero dai valori, rendendo di fatto l’anima dell’iniziato libera e dedita alla meta. Disposta ad ascoltare in modo fecondo il sé.

L’Eremita (IX), è distante dal frastuono del mondo illusorio, il suo bastone, sul quale si avviluppa il serpente della mobilità, rappresenta il percorso interiore. Il manto che lo ricopre, lo protegge dalle schegge durante la lavorazione della Pietra del sé, che deve trasformare da grezza in cubica, conseguendo così il perfezionamento dell’io interiore, processo che al suo culmine ha bisogno dell’isolamento, del silenzio.

La Ruota della fortuna (X) è la carta successiva, nella quale le dinamiche degli eventi, del susseguirsi di essi, nella natura come nell’essere,assumono le reali dimensioni del tempo, ovvero accadono in un immenso presente. In esso non vi sono alternanze o variazioni reali, c’è solo l’essere immobile che scruta un orizzonte sul quale acquisisce potere, proprio come la sfinge raffigurata in questa carta, immobile e distante immersa nella pace interiore.

L’XI carta è la Forza: rappresentata da una donna che chiude le fauci di una fiera senza forza bruta ma quasi con grazia raffigura l’intelletto che si spinge nella conoscenza del corpo e delle forze che lo governano, ne rispetta quindi la dignità ed il valore vedendo in esso un alleato e non un nemico da combattere.

L’Appeso (XII), lè rappresentato da un uomo appeso a testa in giù ed acquisisce pertanto una visione diversa della realtà, capovolta, così come capovolta, rispetto a quella dell’uomo in preda alle cieche pulsioni della vita, che le subisce senza comprenderle né opporvisi. Egli rinuncia a sé, alle proprie pastoie mentali e culturali, per abbracciare la via che porta alla conoscenza, rendendosi così pronto ad una rinascita.

La Morte (XIII), è la condizione necessaria per questa rinascita, difficile da ottenere, ma assolutamente indispensabile per rinascere senza veli davanti a sé stessi senza più le vanità del mondo, è la rinascita alchemica che porta all’approfondimento della conoscenza interiore.
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